Cane abbaia: è reato?

Cane abbaia: è  reato?


Il cane del vicino abbaia e disturba. Problema di non facile soluzione. In primo luogo perché ogni animale ha il diritto di “parlare”, e quindi il cane di abbaiare. Sono esseri “senzienti” ha spiegato la Cassazione e non si può infliggere loro una sofferenza, come quella di chiudergli la bocca con una museruola anche quando sono a casa. Peraltro chiunque può tenere nel proprio appartamento un animale di compagnia: non può impedirlo neanche il regolamento condominiale (salvo sia stato approvato all’unanimità). Dall’altro, però, c’è la proprietà privata che va rispettata non solo in termini di intrusioni materiali, ma anche sonore. Non si può far rumore tanto da non consentire di riposare “il cervello” e il corpo. Ed allora, quando tutti i metodi di soluzione pacifica siano stati tentati, è normale chiedersi: se il cane abbaia, è reato? 

Si tratta di capire inananzitutto se l’abbaiare del cane arrechi disturbo o se le immissioni sonore ascribili al cane che abbaia  superino o meno la normale tollerabilità (tale superamento è valutabile con perizie fonometriche, si veda par. 2.3). Se la supera, siamo dinanzi a un illecito. Non resta che definire “quale tipo di illecito” si verifica, se cioè sia di tipo civilistico (e, quindi, oltre all'ordine di interrompere la molestia, comporti anche il risarcimento del danno) o di tipo penale (e, quindi, oltre all’eventuale sequestro dell’animale, nel caso di pericolo di reiterazione del fatto, ci possa essere anche il reato). La linea di confine tra civile e penale non la fa l’entità del suono ma il numero di vittime. Tanto maggiore è il numero di persone svegliate dal cane che abbaia, tanto più siamo vicini al reato; se invece ad essere disturbati sono solo i proprietari degli appartamenti più prossimi a quello in cui vive l’animale, siamo nell’ambito del civile. Del resto, la norma del codice penale tutela la quiete pubblica, ossia della collettività.

Alla luce di quanto abbiamo appena detto si può comprendere se e quando denunciare il proprietario del cane: i rumori devono essere tali da poter essere percepiti almeno da gran parte dello stabile in cui si vive e/o da quelli dei palazzi limitrofi. Se non ci sono questi estremi difficilmente i carabinieri o la polizia arriveranno a stilare un verbale.

Per citare alcuni casi pratici, con una sentenza emessa il 5 marzo 2019, una donna è stata condannata e multata per il reato di disturbo della quiete pubblica previsto e punito dall’art. 659 del codice penale: “in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone per l’integrazione del reato previsto dall’art. 659 cod. pen. è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l’effettivo disturbo alle stesse”. 

“L’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete”.

La Suprema Corte ritiene corretta la sentenza: la donna, a quanto pare, non ha impedito i latrati dei ventidue cani tenuti regolarmente nella propria abitazione arrecando disturbo ai vicini. La Suprema Corte ha ritenuto corretta la sentenza di condanna basandosi sulle numerose testimonianze dei vicini.

L’abitazione della donna si trova in un viale abitato con numerose ville. A detta dei testimoni i cani abbaiavano a tutte le ore in modo incessante. La Corte territoriale ha ritenuto insindacabile in sede di legittimità, che i cani, abbaiando abitualmente ed all’unisono, generavano rumori molesti idonei ad arrecare oggettivo disturbo alla pubblica quiete, superando i limiti della normale tollerabilità.

Disturbo della quiete pubblica: scatta il reato se i cani abbaiano tutta la notte

È sufficiente che i cani arrechino disturbo ad un numero indeterminato di persone.

“In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, .. per l'integrazione del reato previsto dall'art. 659 cod. pen. è sufficiente l'idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l'effettivo disturbo alle stesse“.

“L'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete”.

Sono questi i principi ribaditi dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione in virtù dei quali, con sentenza del 5 marzo 2019, é stata confermata la condanna di una donna per il reato di disturbo della quiete pubblica previsto e punito dall'art. 659 del codice penale perché, non impedendo i latrati dei ventidue cani detenuti regolarmente nella propria abitazione arrecava disturbo ai vicini.

La Suprema Corte ha ritenuto corretta la sentenza di condanna che ha fondato l'affermazione di responsabilità sulle convergenti dichiarazioni rese dai testimoni escussi, i quali hanno riferito che l'abitazione dell'imputata era situata in un viale abitato, ove erano ubicate numerose ville, e che i latrati dei cani detenuti dall'imputata erano incessanti (a tutte le ore del giorno e della notte) e molesti per proprio perché continui. La Corte territoriale ha, quindi, ritenuto con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, che i cani, abbaiando abitualmente ed all'unisono, generavano rumori molesti idonei ad arrecare oggettivo disturbo alla pubblica quiete, superando i limiti della normale tollerabilità.

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